Non se ne può più di piatti scenografici preparati per la tv o per le fotone da rivista, da Youtube, da Instagram, di pappette con schiumine e pezzettini di erbe varie, di sughi strani come sapore ma fotogenici come aspetto. E tutto impiattato con stampini per la sua bella figura davanti a blogger, influencer e cretini di turno che -sempre di turno- acclamano lo chef-star del momento. Finalmente. Come riporta anche Alberto Schieppati nel suo ultimo editoriale su Artù, qualcuno ha alzato un po’ la voce. E questo qualcuno è il mitico Gianfranco Vissani che rimprovera la scarsa conoscenza della vera cucina, degli ingredienti della nostra terra (unici, molteplici, preziosi), della loro preparazione a favore di mode gastronomiche passeggere. E’ vero, se si guarda con attenzione la preparazione di alcuni piatti con ingredienti fantasiosamente confusi (la chiamano fusion) messi insieme lì sul momento sotto l’occhio della telecamera, si vede che di cottura, conservazione e, prima ancora, di ricerca professionali degli ingredienti, rimane poco a favore spesso dell’effettone, dei colori artificiali, della composizione di gastro-design. Eppure i primati mondiali delle nostre ricette sono strettamente legati alle sapienze contadine, montanare, marinare e collinare delle famiglie, alla sapiente conoscenza degli ingredienti, della loro enorme diversità stagionale, territoriale. Questa diversità è dovuta al fatto che solo il nostro Paese è dotato di caratteristiche del terreno diverse da villaggio a villaggio, da cascina a cascina perché frutto plurisecolare di sommovimenti e fenomeni naturali dei terreni che non hanno avuto e non hanno pari nel mondo. Questa diversità le multinazionali stanno cercando di distruggerla con prodotti fintamente regionali e qualche chef famoso si presta a questa operazione perché non conosce gran che di questa diversità. Così i vini internazionali che portano etichette nobili antiche e celeberrime sono ormai indistinguibili –non tutti- e si perdono per esempio quelli locali molto diversi nei loro umori con la falsa giustificazione che se viaggiano si alterano. Balle.
C’è patata e patata
Così, per esempio, le patate di Altedo, nel bolognese, sono diverse da quelle di sabbia di poche decine di km lontane, coltivate su terreni a sabbia fresca, quasi lungo il mare, nel ferrarese. E che dire dell’insalata che non esiste perché sono migliaia le insalate italiane?. Sappiamo usare bene, per esempio, le materie fondamentali per cucinare? Vissani dice che molti chef non sanno che è un errore decisivo per la qualità della ricetta usare per esempio acqua calcarea per la pasta che col calore diventa ancora più “dura” alterando sapori e struttura della pasta e del condimento… Non solo, conservare, cucinare, elaborare gli ingredienti sta diventando solo un fatto televisivo, velocissimo, quasi isterico. Tre quarti della qualità di un piatto è invece derivante da come viene scelto, conservato, elaborato e trattato e certo non con tempi sincopati. Anzi. A Verona si svolge dal 21 al 25 febbraio Progetto Fuoco dedicato a camini, caminetti e stufe cosiddette economiche, cioè al fuoco che scalda e cucina, che sta tornando impetuoso di moda in Europa. E una sezione è dedicata a Progetto Cuoco con la presentazione di un ricettario antico, di ricette famigliari regionali di piatti cotti a legna. Cotture spesso soft, lente, naturali, ben lontane dall’uniformità dei piani a induzione….E comunque ricette strepitose.
Cotture multiple raffinate
Queste belle cucinone economiche sono oggi presenti a Verona anche nelle loro versioni di design, da incasso, raffinatissime. Ma sia in queste versioni come in quelle tradizionali –vedere a Verona!- si riscopre il grande piano con i cerchi in ghisa dove cuociono più pentole e con diverso calore (più forte al centro e gradualmente minore man mano ai lati). Poi uno o due forni grandi con calore stabile, senza polveri, senza picchi eccessivi. E poi a lato la vaschetta con l’acqua sempre bollente a disposizione. Il cuoco vero sa usare questi miracolosi e avanzatissimi strumenti di cottura ottenendo i veri sapori del territorio. Ma sa anche che le tecnologie intelligenti di oggi sono amiche della qualità degli ingredienti perché non è vero che la gran cucina è fare tutto in pochi minuti con il mito del “poco cotto è meglio”. Poco cotto si ma dipende dalla ricetta, dai componenti. E se le nonne conservavano nella dispensa le provviste per poi cucinarle lentamente, significa che di quella sapienza antica occorre conservare moltissimo. Basta provare le ricette tradizionali fatte bene per rendersene conto.