La faccenda sarebbe seria se non fosse che, visto il tipo di apparecchio e il suo uso, vien da ridere e anche in modo sgangherato. Bene, la faccenda, in realtà è seria, davvero i sextoys hanno trasmesso via Internet e in diretta i dati delle performances intime degli “utenti”. La moda degli IoT è davvero esagerata, ad alto rischio e, da questo blog, lo stiamo scrivendo da tempo. Anche perché abbiamo esperienze dirette e indirette di gravi e, come si dice in queste situazioni, inquietanti episodi di violazioni di sistemi di security, di impianti “critici” (ospedali, aeroporti….), o di singoli apparecchi IoT perché privi di protezioni adeguate. Qualcosa era uscito –questa estate –sul fatto che iRobot, la società che ha inventato i robottini aspiratori senza filo e intelligenti, pare avesse deciso di cedere a Google, Apple e Amazon i dati che i tanti robot in servizio nelle case in tutto il mondo accumulano sulle abitazioni dove lavorano, sugli abitanti, sulle loro abitudini e così via. Ottimi dati -come dichiarano i super-super-super marketing manager dei big del web-che possono servire per favorire la diffusione degli assistenti virtuali che, tramite la voce, ambiscono a diventare i nostri account domestici intelligenti. E che a loro volta potrebbero poi fornire gigantesche quantità di dati molto utili ai fini commerciali ai big del web. E non solo a loro.
I sextoys smart vibrano e trasmettono
Bene, tra aspirapolvere, giocattoli, pc, smartphone, frigo, pentoline, lavatrici, frullini, giochi per bambini, tutti smart, siamo di fronte a svariati miliardi di informazioni che fanno gola a tanti: società private, pubbliche, terroristi-ricattatori, malavita eccetera eccetera. Dopo le ammissioni de iRobot le associazioni dei consumatori hanno duramente reagito tanto che uno dei super-super-super manager della società americana (non causalmente è americana) ha assicurato con una ingenua dichiarazione che mai e poi mai avrebbero tradito i clienti vendendo informazioni su di loro. Beh, il fatto di averci pensato e di aver fatto capire che l’affare era molto molto interessante (per poi smentirlo) sta inquietando un po’ i clienti, le istituzioni e le associazioni di consumatori di tutto il mondo. Anche perché nel frattempo a tradurre in realtà le peggiori ipotesi di spionaggio ci ha pensato Standard Innovation, un costruttore canadese di sextoys connessi, che grazie al collegamento Internet, registrava tutto ciò che l’utente di volta in volta manifestava come preferenze sessuali e che i sextoys captavano e inviavano. Più precisamente partivano in tempo reale informazioni molto intime sulla frequenza d’uso, i programmi preferiti, l’intensità delle vibrazioni e altri dati… E che poi si traducevano in promozioni, incentivi, inviti, insomma in una serie di eventi commerciali decisamente imbarazzanti ma soprattutto indici di pericolosissime informazioni nelle mani della società. Dopo una corale causa legale la società è stata condannata a pagare ai clienti 2,8 milioni di euro.