Così, per saperlo -ci siamo chiesti all’indomani dei referendum in Lombardia e in Veneto-abbiamo cominciato a guardare un po’ di numeri anche perchè negli ultimi anni a dare i numeri ci si sono messi in tanti in Veneto. A cominciare dal signor Zaia che è come sapete il governatore della medesima. “Siamo i primi, siamo i numeri 1, cresciamo più di tutti, eccetera eccetera eccetera. E ovviamente vogliamo -ipse dixit sempre più tronfio all’indomani dell’avvenuto referendum– anche lo statuto speciale e poi la completa autonomia e poi e poi…”. Occhio Zaia, Catalogna docet: oltre un migliaio là nella città spagnola le aziende che se ne sono andate a gambe levate perchè il business non ama il casino. “Fa niente-affermano gli epigoni del governatore e dei catalogni- meglio stare per conto nostro”. Questa in sintesi la faccenda veneta e si sa che i veneti sono gente che parla prima di tutto di schei (o di sghei, dipende dalla zolla) e di conseguenza al governatore gli si sono brillati di schei gli occhi quando ha visto che più della metà vuole farsi gli affari suoi senza dare nulla in cambio ad un Paese -l’Italia, per gradire-che tanto ha dato comunque alla regione degli schei nei trascorsi decenni. E continua a dare.
Ehi, Zaia, facciamo un po’ di conti
Nel 2016 il Veneto ha esportato la bella cifra di circa 58 miliardi di Euro (molta agricoltura), un terzo del suo PIL che dovrebbe assestarsi nel 2017 intorno ai 72 miliardi di Euro, assai vicino alla Lombardia e all’ Emilia Romagna e, sorprendentemente, anche al Lazio. E’ incontestabile, il Veneto è da anni in cima all’economia del Paese. Bene, di questi 72 miliardi di Euro circa 14 vengono esportati in Italia. Al PIL veneto contribuisce per una quota molto alta il turismo ma diciamo subito che Venezia se ne attribuisce una quota non indifferente. E poi che il turismo per così dire italiano, di provenienza estera comunque (“Il Veneto è una Regione-Stato) è sempre stato una colonna portante dell’economia veneta. E che tutto ciò che l’Italia in quasi 70 anni da dopo la guerra a oggi ha dato e ha comprato (vini, meccanica, eccetera) dalla regione degli schei è stata ed è la base fondante, sine qua non, fondamentale, dell’attuale benessere di quella Regione-Stato, con la sua auspicata autonomia, con i suoi fiumi tra i più inquinati del mondo (concerie, arsenico, veleni eccetera), con le sue terre impregnate di altrettanti veleni perché la coltivazione intensiva praticata largamente in Veneto è dannosissima (le cronache dei giornali e delle tv traboccano di dati). Già nel 2015 il 92% delle centraline urbane ha segnato oltre 35 giorni di superamento dei limiti di PM10 consentiti dalla legge. Un record nazionale che restituisce l’immagine impietosa di un territorio soffocato dallo smog, è stato il commento di Legambiente. Ma gli schei valgono più di tutto, più della salute, più del benessere della popolazione. Quanto al vecchio discorso secondo il quale il Veneto riceverebbe da Roma molto meno di quanto a Roma invia, beh, basta avere una spolveratina di economia e finanza per verificare che questo interscambio è più pesante in altre regioni. E non per questo vengono indetti referendum, vengono fatte comunicazioni allarmanti, e soprattutto intrise di luoghi comuni.