Si dice giovanottiera, non garçonnière e “in radio 1 canzone su 3 deve essere italiana”

18/02/19 - 3 minuti di lettura

 

Il fascio-nazismo impose con il Minculpop, che era il ministero della cultura popolare e che corrisponde all’attuale Ministero dei beni culturali (non “popolari”), l’uso esclusivo di  termini italiani tradotti -spesso con risultati da sghignazzo- dalle corrispondenti parole inglesi o, comunque, straniere. Un esempio per tutti, che fece  il giro del mondo e addirittura fece ridere i loschi gerarchi nazisti che parlavano e capivano spesso molto bene la nostra lingua, fu quello della traduzione della parola francese “garçonnière” (l’appartamentino per convegni galanti di giovani) nella demenziale “giovanottiera”. Fatta questa premessa, qualcosa di sinistramente simile sta avvenendo di nuovo.  Una proposta leghista recentissima (dell’ex direttore di radio padana), preceduta dalla critica al fatto che uno che si chiama  -gravissimo!!- Mahmood abbia vinto il festival della canzone italiana di San Remo, intende aumentare lo spazio, gli appoggi e l’audience, pardon, gli ascolti, alla canzone italiana. Il Morelli – il leghista che si è inventato la proposta-dice che chi lavora nelle radio deve dare almeno un terzo della programmazione giornaliera al made in Italy durante le 24 ore. E che almeno un 10 per cento di questa produzione musicale italiana deve essere riservato agli artisti emergenti italiani E se non ubbidiscono ciecamente? Sospensione immediata dell’attività radiofonica e non, come qualche avversario politico ha malignamente sibilato, l’immediato passaggio in galera. Al Bano, che quanto a competenza in ambito culturale, legislativo, tecnico-politico, è notoriamente il massimo riferimento, avrebbe aggiunto: basta con il rap o il trap, e via alla melodia italiana e basta. E anzi, puniamoli duramente quelli che non lo fanno. Al Bano e il leghista che dirigeva radio padana dicono che in Francia da decenni per le emittenti radio c’è l’obbligo di dare alla canzone francese la maggior parte della programmazione. Che c’entra? Dopo aver insultato i francesi perché sono carogne colonialiste, adesso sono un riferimento etico collettivo? E poi questa decisione francese non  è di ieri ma di molto molto tempo fa e riguarda una produzione musicale molto ampia perché comprende anche i ricchi contributi musicali dei territori ex colonie francesi. E visto che tv, radio e giornali hanno gravissime….colpe nel mortificare il made in Italy, cosa ne dicono gli incompetenti con cariche istituzionali delle continue minacce di chiudere programmi italianissimi di successo, di abbattere la libertà di stampa italianissima, di aumentare le censure politiche che già sono aumentate da marzo del 100 per cento? Come si finanziano radio, tv e stampa italianissimi se non con la pubblicità diretta conseguenza di buoni ascolti? Tutti sanno che se si tagliano interpreti e brani musicali di qualità –italiani e stranieri- cala tutto, chiude tutto, e nessuno poi potrà imporre gli ululati di qualche annoso interprete italiano superaccomandato o di qualche politico padano con sofferenti carenze di informazione. Il made in Italy, quello vero, che dà milioni di posti di lavoro, si difende con la qualità e con ciò che il pubblico ama. Con la selezione culturale che migliori il livello anche musicale degli italiani. Se, invece, l’ex direttore di radio padana, vuole andare avanti sulla strada del Minculpop, ecco un bell’elenco di parole italiane obbligatorie, nelle canzoni, al posto di quelle straniere:

garconnière: giovanottiera, bar: mescita, colore bordeaux: colore barolo, claxon: sirena o tromba, hip hip urrà: eia eia alalà, cocktail: bevanda Arlecchino, Louis Amstrong: Luigi Fortebraccio, swing: slancio, insalata russa: insalata tricolore, chiave inglese: chiavemorsa, Buenos Aires: Buona Aria.Totò negli anni dell’orrendo ventennio fascio, con  ironia propose al posto di Galileo Galilei, Galileo Galivoi. Perché il Minculpop obbligò a lasciare il “tu” , troppo inglese e legato alla Perfida Albione (l’Inghilterra) per il più maschio “voi”.

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