Attacco al primato mondiale delle macchine italiane per il gelato

25/01/24 - 7 minuti di lettura

Tutto ciò che di squisito, profumato e invitante gira intorno al gelato italiano, una filiera che vale oltre tre miliardi di euro, in mostra al SIGEP di Rimini che chiude oggi i battenti dopo 5 giorni di grande affluenza, si basa su un primato mondiale detenuto da circa 22 selezionate aziende che producono macchine, componentistica e arredi per le gelaterie e le pasticcerie. Questo comparto, aderente a ACOMAG, e che fattura 750 milioni di euro, vale infatti l’85 per cento del mercato mondiale delle attrezzature per le gelaterie. Un record che pochissimi settori della manifattura italiana possono vantare. Tra queste aziende spicca il nome forse più celebre, quello della Carpigiani (da sola 35 per cento di questo mercato) ma tutte le PMI del comparto esportano massicciamente perché, come accade nel comparto del caffè professionale, le gelaterie che ogni anno in tutto il mondo si aprono –oltre 100mila- si ispirano al mood italiano, alla tipica atmosfera delle nostre gelaterie. Ma soprattutto, per avere un gelato, un icecream, un sorbetto, uno spaghetti o un fettuccine ice di qualità, solo le migliori possono attrezzarsi di impianti, macchine, vetrine di conservazione e arredi made in Italy. Che, tra l’altro, sono una sintesi tra le super tecnologie di produzione, mantecazione e conservazione, e il design. Non per niente, molte macchine e molti arredi hanno ricevuto premi in tutto il mondo come la IFI per esempio, insignita anche di due prestigiosi Compassi d’Oro.

Smart e mecatronici–E poiché si tratta anche di impianti particolarmente energivori –la conservazione sottozero richiede potenze elettriche enormi-al SIGEP si sono visti impianti che riducono i consumi e diventano il riferimento mondiale dell’ecosostenibilità come la Carpigiani HE che risparmia acqua e  elettricità sino al 30 per cento, minimizzando gli sprechi.  Vengono infatti introdotti controlli automatici smart che non richiedono più continui interventi manuali. Importantissimo requisito è la facilità d’uso poiché l’erogazione deve essere veloce, automatica, senza che la catena della qualità decada. Ecco dunque che la gamma dei mantecatori, pastorizzatori, dei tini di maturazione multifunzione e delle macchine INNOVA vanta una elevata sintesi di mecatronica per facilitare e fluidificare il controllo e la gestione dell’operatore. Le Flashmachines Q-Frozen –geniali invenzioni di Mauro Cappelli-  che hanno accelerato e sintetizzato tutte le operazioni per la produzione e il servizio del gelato, sono ora disponibili nella versione self service a gettoni. E possono erogare anche versioni senza glutine o senza lattosio, con poco zucchero, meno grassi. In generale il made in Italy di questi gioielli della tecnologia sono in grado di personalizzare in real time il gelato con l’aggiunta di ingredienti freschi o speciali e rari proprio durante l’erogazione. Si moltiplicano le soluzioni per le show cooking dolci, decisamente più complicate da realizzare rispetto a quelle delle classiche pietanze salate. Un contro è infatti spadellare davanti ai clienti verdure, pesce e carne e un conto è preparare –sempre in tempi rapidi- dolci freddi, creme al gelato e alla besciamella, delizie alla frutta e delicatissime davanti al pubblico senza lunghe attese. Lo consentono solo le macchine italiane, multifunzione con infiniti programmi per pasticceri, chef e pastry chef.

Rischia l’export con il nuovo Regolamento UE-Ma il tema centrale di molti eventi e presentazioni del SIGEP, che sta creando notevoli incertezze e preoccupazioni proprio tra i produttori degli impianti e dei macchinari per il freddo, il super freddo e il gelato, è, come ci ha sottolineato Marco Cavedagni, presidente di ACOMAG, il nuovo Regolamento europeo F-GAS. “Entrerà in vigore molto presto, entro febbraio ed ha l’obiettivo di ridurre in tempi vicinissimi le emissioni di gas fluorurati ad effetto serra. Un obiettivo che noi per primi da anni intendiamo raggiungere tanto che già qui al  SIGEP sono state presentate nuove linee di macchinari che usano i gas naturali come richiesto dal Regolamento. Ma i tempi previsti per l’adeguamento sono improponibili, perché deve avvenire entro il 1° gennaio 2025 e quello che più  preoccupa è che sarà proibita anche l’esportazione delle attuali attrezzature in paesi dove tra l’altro non esiste e non esisterà nessun divieto, dove non vogliono né vorranno avere impianti con i nuovi gas altamente a rischio, come il propano o ad alta pressione. Con il rischio altamente probabile di vedere i competitor stranieri aggiudicarsi quei mercati che oggi comprano il made in Italy”.

A rischio l’export delle attrezzature professionali-Un danno enorme e che solo l’intervento dei governi di ogni membro della UE potrebbe allontanare. Il rischio riguarda non soltanto il comparto dei gelati ma anche altri settori manufatturieri professionali che impiegano gas fluorurati. -Così scende in campo anche EFCEM-Confindustria, di cui fa parte la ACOMAG perché anche l’export degli apparecchi professionali per la ristorazione, il food e l’hospitality è a rischio. Si tratta infatti, oltre che dell’ampia gamma di macchine per il gelato, anche di quelle per la refrigerazione, gli abbattitori,ifabbricatori di ghiaccio e le attrezzature che raffreddano e scaldano in sequenza. Tutti comparti che esportano oltre il 70 per cento anche perché spesso le vendite riguardano non singoli apparecchi ma l’offerta completa  lavaggio.preparazione.conservazione-cottura. “Nessuna azienda italiana  è contraria alle misure d che dal 2014 l’Europa ha intrapreso-dichiara a Food24 Andrea Rossi, presidente di EFCEMConfindustria– per l’abbattimento dell’effetto serra e per l’efficientazione degli impianti. Anzi, siamo sempre stati in prima linea su questa scelta. Ma i tempi necessari per cambiamenti molto costosi e complessi di intere filiere di componentistica e prodotti finiti sono ben altri, altro che pochi mesi. Stupisce che in altre occasioni, i regolamenti entrati in vigore dal 2014 abbiano sempre previsto tempi nettamente più lunghi, di 6-7anni, non pochi mesi come ripeto. E stiamo ancora per così dire litigando con chi intende imporre queste regole. Per questo occorre una proroga di quattro anni. Non appena entrerà in vigore, chiediamo che il governo italiano cominci l’iter previsto dal Regolamento per le obiezioni e le deroghe assolutamente necessarie”. Abbiamo chiesto agli esperti del settore –società di enginnering – cosa significhi in termini di oneri finanziari sostituire le linee di produzioni con quelle nuove, richieste per far funzionare impianti e macchine in modo ineccepibile e sicuro (si tratta di gas altamente infiammabili, posti in locali pubblici).

Un adeguamento molto costoso-La risposta al nostro quesito è stata che anche una sola linea sfiora o supera i 500mila euro (e gli hub del settore ne hanno di più). Oltre alla difficoltà in termini di tempi e di finanziamento, il parere unanime è che sia la più totale incertezza –in periodi geopolitici difficili come questo-a creare difficoltà rilevanti e diffuse all’intera categoria. In dettaglio, per esempio, ci viene imposto di raggiungere per gli impianti un Global WarningPotentialdi soli 150 GPV mentre i competitor nel mondo se ne possono permettere 2.500. Cioè libertà di inquinare con il reale pericolo che alcune aziende italiane aprano in paesi meno rigidi siti produttivi. “Noi intendiamo competere ad armi pari-risponde Rossi- e la richiesta che inoltriamo al governo riguarda non la legittimità di una transazione green sulla quale siamo da anni in prima linea ma la necessità di competere con le necessarie tecnologie in termini prima di tutto di una filiera di componentistica come la nostra. E considerando anche la complessità delle certificazioni e della formazione necessaria del personale a contatto, in locali pubblici, con gas infiammabili. Pensiamo per esempio anche agli ospedali…”.

Positivi risultati per il 2023-Il comparto degli apparecchi professionali da un lato è in buona salute perché nel 2023 sono cresciuti ancora export e fatturati (siamo ben oltre i sei miliard) e da un altro lato si trova in una crescente incertezza: ai problemi causati dal Regolamento si stanno aggiungendo infatti quelli  dello stand by mondiale della logistica non solo del canale di Suez e del Mar Rosso ma anche del Canale di Panama (sarà fermo per mesi perché senza acqua)  e degli altri stretti riguardanti il passaggio del traffico commerciale. Sono sette strozzature che da anni hanno interruzioni e dissidi geopolitici tra le nazioni che stanno aumentando. E che possono sicuramente creare ostacoli al nostro export-import. Va anche sottolineato però che le nostre industrie del comparto professionale possono contare su intere filiere del valore made quasi interamente in Italy, cioè non delocalizzate. E caso mai proseguire un positivo reshoring della componentistica. Per questo la proroga tecnica richiesta a Bruxelles diventa assolutamente necessaria.

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