Hisense Europa, che ha sede a Lubjana in Slovenia dove aveva acquisito Gorenje, storico produttore di grandi elettrodomestici con una forte presenza nell’est Europa, taglierà circa 2.200 posti di lavoro entro la fine dell’anno a causa del crollo delle vendite provocato dal diffondersi del coronavirus. Come Firstonline, per primo in Italia ha ieri riportato, dei 2.200 dipendenti previsti in esubero, ben 1.000 lavorano nella fabbrica slovena di Gorenje.
La società ha dichiarato che gli ordini di marzo sono diminuiti di un terzo anno su anno, di quasi i due terzi ad aprile e si prevede che diminuiranno di un quarto a maggio e giugno. Hisense Europa prevede ora una perdita di “diverse decine di milioni di euro” nella prima metà del 2020, rispetto a un utile precedentemente previsto di 1,1 milioni di euro.
Il licenziamento di 2.200 dipendenti è decisamente preoccupante non solo per i drammatici problemi sociali che riguardano, tra l’altro, oltre la Slovenia, anche la Serbia e la Repubblica Ceca, ma anche perché rappresentano una quota consistente, il 23 per cento, del totale europeo, 9.300, e di questi ben 5.580 lavorano in Slovenia.
“Il numero di dipendenti sarà ridotto in tutte le unità di Hisense Europa”, ha dichiarato un portavoce. E saranno messi in atto provvedimenti per contenere ove possibile gli effetti sociali del provvedimento”. Prima di questa decisione, Hisense aveva dovuto smentire la notizie provenienti sia da dipendenti cinesi che da giornali asiatici e nordamericani, su 10mila probabili licenziamenti di massa a causa del disastro coronavirus. Hisense conta in Cina circa 80mila addetti e in totale, comprese le sedi e le fabbriche nel mondo, oltre 90mila. Dall’estero, tra l’altro, proviene circa il 40 per cento delle entrate del gigante cinese. In particolare i rappresentanti dei dipendenti avevano dichiarato in forma non ufficiale l’arrivo di numerose lettere della società su probabili licenziamenti riguardanti soprattutto le alte cariche dirigenziali. Il 13 aprile le voci provenienti da fonti autorevoli riguardavano anche Haier Group, che ha sede come Hisense, a Qingdao, e che ha poi smentito di aver deciso per il momento il taglio dei dipendenti. In Cina le multinazionali, quasi tutte operanti in stretta sinergia con il governo, il partito, oppure con l’esercito e le università (ecco perché i big cinesi sono avanti anni luce nella ricerca!), non hanno ancora effettuato pesanti riduzioni di personale per un esplicito o implicito accordo socio-economico che presiede alla nascita e al gigantesco sviluppo di quasi tutti questi gruppi. A licenziare sono state invece milioni di piccole aziende che costituiscono peraltro la maggioranza dell’attività manufatturiera cinese. Ma sarà difficile anche per le grandi società continuare a mantenere la situazione attuale. Che non riguarda gli ambiti produttivi ma soprattutto quelli dirigenziali, gonfiati da enormi quantità di burocrati spesso incapaci di gestire imprenditorialmente le strategie commerciali in Cina e all’estero delle loro aziende. I big cinesi sono così oberati da dirigenti afflitti da un’incompetenza totale e da un’altrettanto grandiosa arroganza. A tirare i carretti invece sono spesso, ai poli opposti, eccellenti centri di R&D e, agli ultimi gradini, gli operai. Come sempre accade.