MIELE, in vista licenziamenti e delocalizzazione

01/11/19 - 2 minuti di lettura

Un mito secolare ormai, quello della tedesca Miele, soffre della sleale competizione dell’on-line, della necessità di fare colossali investimenti nelle tecnologie digitali e dell’aggressivitòà fuori controllo da parte dei competitor asiatici. Ed ecco che Miele, come ha di recente annunciato, concentrerà su 8 fabbriche le sue attività industriali, con un taglio complessivo, da qui al 2021, di poco più di 1000 posti di lavoro, 240 a Guetersloh e 830 fuori dalla Germania. “Siamo pienamente consapevoli- hanno sottolineato i direttori esecutivi e comproprietari dell’azienda, Markus Miele e Reinhard Zinkann– dell’enorme impatto di questi tagli sui dipendenti interessati. Di conseguenza, verrà fatto ogni sforzo per arrivare a soluzioni responsabili e socialmente accettabili che riflettano i valori dell’azienda”. Dove si potrà-prosegue l’azienda- si cercherà di evitare licenziamenti forzati e in cambio i 190 milioni di euro risparmiabili ogni anno saranno destinati a creare nuovi posti di lavoro nell’ambito del digitale. E, comunque, è giusto affermare che i vertici aziendali sono impegnati a ricercare soluzioni condivise grazie a negoziati con le rappresentanze sindacali. C’è però anche la difficile operazione destinata a delocalizzare la produzione di lavatrici da Guetersloh in Polonia che comporterebbe la perdita di ben 650 posti di lavoro sino alla fine del 2015 ma che l’azienda intende gestire progressivamente facendo anche appello alla necessità di dare tutti un contributo essenziale per garantire l’indipendenza e la sostenibilità economica della Miele. Che questo annuncio sia stato dato con una certa “solennità” e in grande trasparenza conferma un dato di fatto: la necessità di “azioni urgenti”. Da parte nostra, troviamo semplicemente folle che i paesi di Visegrad abbiano ottenuto e ottengano ancore-grazie all’appoggio decisivo della Germania, oltre il 30 per cento dei finanziamenti europei agevolatissimi. E che questo si traduca in realtà in una deindustrializzazione non solo economica ma anche culturale (quei paesi portano via e copiano le nostre competenze) del resto dell’Europa. Questi paesi di Visegrad sono legati strettamente ai sovranisti europei e al partito più sovranista e reazionario d’Europa, quello italiano. Non dimentichiamolo mai!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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