Il Trump, preso da un trip imperiale,  minaccia il mondo…

02/12/24 - 4 minuti di lettura

 

Dopo aver scelto come  ministri e consigliori, puttanieri, drogati marci, violentatori di minorenni, organizzatori di orge, evasori e criminali condannati, tra una nomina e l’altra, il neo presidente minaccia a destra e a manca, quintalate di dazi. I cretinetti italiani che hanno avuto orgasmi elettorali dopo la vittoria del Trump, presto si accorgeranno che proprio  le PMI  italiane saranno colpite brutalmente dai dazi imposti alle merci che provengono dall’Europa. Come ben sanno ormai tutti, meno che i legazzi e la destra, i dazi danneggiano anche e in modo pesante il paese che li applica e cioè i consumatori poiché in automatico vengono riversati sui listino-prezzi. Il Trump ha proprio da poco esternato di nuovo, minacciando altri dazi, addirittura del 100 per cento su un blocco di nove nazioni se dovessero creare una valuta rivale del dollaro statunitense. Un articolo della BBC, che riprendiamo pari pari, dimostra con esemplare semplicità il perfido loop che governa implacabile la politica economica dei dazi.

  “L’idea che i paesi BRICS stiano cercando di allontanarsi dal dollaro mentre noi restiamo a guardare è FINITA”, ha scritto Trump sui social media sabato.

Fanno parte dell’alleanza Brics le grandi potenze mondiali Cina e Russia, insieme a Brasile, India, Sudafrica, Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.

Durante le elezioni americane, Trump ha fatto campagna per l’implementazione di tariffe diffuse. Ha intensificato le minacce di imposte elevate negli ultimi giorni.

L’ultimo messaggio di Trump, che entrerà in carica il 20 gennaio dell’anno prossimo, era rivolto ai Brics, un blocco di economie per lo più emergenti.

I principali politici in Brasile e Russia hanno suggerito di creare una valuta Brics per ridurre il predominio del dollaro USA nel commercio globale. Ma il disaccordo interno ha rallentato qualsiasi progresso.

“Chiediamo a questi paesi di impegnarsi a non creare una nuova valuta Brics né a sostenere un’altra valuta per sostituire il potente dollaro statunitense, altrimenti dovranno affrontare tariffe del 100% e dovranno aspettarsi di dire addio alle vendite nella meravigliosa economia statunitense”, ha scritto Trump sulla sua piattaforma di social media Truth Social.

“Possono andare a cercarsi un altro idiota”, ha detto.

Ma alcuni alleati di Trump hanno ipotizzato che i suoi recenti annunci siano stati solo tattiche negoziali, pensate più come un tentativo di apertura che come una promessa.

Interrogato sull’uso dei dazi proposto dal presidente eletto, il senatore repubblicano Ted Cruz ha risposto sottolineando “l’importanza della leva finanziaria”.

“Se si considera la minaccia di tariffe contro Messico e Canada, si è subito passati all’azione”, ha detto il texano domenica al programma Face the Nation della CBS News. Venerdì, il primo ministro canadese Justin Trudeau ha compiuto una visita non programmata nella tenuta di Trump in Florida, Mar-a-Lago, apparentemente per scongiurare un potenziale dazio del 25% sulle merci canadesi dirette a sud. Scott Bessent, la persona scelta da Trump per la carica di Segretario al Tesoro, aveva precedentemente lasciato intendere che le minacce del presidente eletto di imporre importanti aumenti tariffari facessero parte della sua strategia negoziale. “La mia opinione generale è che, in fin dei conti, lui sia un libero commerciante”, ha detto Bessent di Trump in un’intervista al Financial Times prima che venisse nominato per il ruolo.

“Si tratta di escalare per de-escalare”.

Come funzionano le tariffe?

Una tariffa è una tassa nazionale riscossa sui beni quando entrano nel paese, proporzionale al valore dell’importazione. Quindi un’auto importata negli Stati Uniti con un valore di $ 50.000 soggetta a una tariffa del 25%, si troverebbe ad affrontare un addebito di $ 12.500.

I dazi sono un elemento centrale della visione economica di Trump: per lui sono un modo per far crescere l’economia statunitense, proteggere i posti di lavoro e aumentare le entrate fiscali.

In precedenza aveva affermato che queste tasse “non saranno un costo per te, ma un costo per un altro Paese”.

Questo è considerato quasi universalmente fuorviante dagli economisti.

La tassa viene pagata fisicamente dalla società nazionale che importa la merce, non dalla società estera che la esporta.

Quindi, in questo senso, si tratta di una vera e propria imposta versata dalle imprese nazionali statunitensi al governo degli Stati Uniti.

Trump ha imposto una serie di tariffe nel suo primo mandato, molte delle quali sono state mantenute in vigore dal suo successore, il presidente Joe Biden. Gli studi economici suggeriscono che la maggior parte dell’onere economico è stato in ultima analisi sostenuto dai consumatori statunitensi.

Condividi su
Newsletter